LA DIOCESI DI CASERTA

«II - Età moderna

Non diversamente da molte altre diocesi anche quella di Caserta fu caratterizzata – almeno fino al lungo episcopato di Agapito Bellomo (1554-1593) – dai vescovi commendatari, molti dei quali non raggiunsero mai la diocesi. Con il Bellomo – che partecipò all’ultima fase del concilio di Trento – arrivarono in diocesi diverse famiglie religiose, e proprio dalla metà del XVI, l’area comprendente le diocesi di Caserta e di Capua fu attraversata da una notevole presenza del movimento della Riforma, che ebbe vita breve quanto intensa e venne represso con grande durezza da azioni inquisitorie di cui fu anche protagonista Antonio Santoro, vicario del Bellomo e futuro cardinale di Santa Severina. Diversi problemi caratterizzano in modo diffuso la vita della diocesi in età moderna. Innanzitutto la ricorrente contesa territoriale con la diocesi di Capua di cui Caserta era suffraganea: entrambe le diocesi infatti insistevano contemporaneamente – e ancora oggi insistono – su alcuni centri cittadini, provocando così contrasti e vicendevoli abusi. La questione non poté essere risolta nemmeno dal successore del Bellomo, il teatino Benedetto Mandina (1594-1604), uno dei giudici dell’Inquisizione nei confronti di Tommaso Campanella, che non trovò accordi con il vescovo di Capua, Roberto Bellarmino, per una razionalizzazione della distribuzione delle parrocchie. Più grave ancora fu la questione interna relativa al fatto che mentre episcopio, cattedrale e seminario si troveranno nella medievale Caserta sulla collina, i vescovi – a partire da Diodato Gentile (1604-1616) – porranno la propria residenza sul piano, in località Falciano, dove sorgeva il casale Torre e dove si sarebbe sviluppata la nuova città di Caserta attorno alla Reggia voluta da Carlo di Borbone e realizzata su progetto del Vanvitelli.